
Il panettone artigianale lievitato 24 ore
Lavorazione accurata, ingredienti di prima scelta e una lievitazione lunga. Sono semplici ma fondamentali le regole per avere un buon panettone sia che si tratti del “milanese” nella versione classica , sia per il pandolce genovese, tipico della Liguria.
A spiegare i “segreti” del buon panettone artigianale è la Pasticceria Martini di Finalborgo (Savona) che produce dal panettone classico milanese a quello con le variazioni ai marron glaces, ai fichi e noci oppure con cioccolato e pere. Ma ci sono anche il pandolce genovese e il panettone “antica Genova”.
Il panettone milanese richiede ore di lievitazione, come spiegano alla Pasticceria Martini. Gli ingredienti sono zucchero, tuorlo d’uovo, burro, farina, lievito naturale, acqua, frutta candita, aromi, sale, latte scremato in polvere e in caso di panettoni con variazioni i vari ingredienti come fichi e noci oppure marron glces. Viene fatto un impasto a cui segue una lievitazione circa 11 ore che triplicherà il volume dell’impasto. Dopo una seconda lavorazione segue ancora un periodo di lievitazione e si fa la pezzatura: la pasta viene suddivisa in modo da metterla nelle varie forme, in base al peso definitivo del panettone. Dopo questa operazione l’impasto viene messo nello stampo, dove continua a lievitare per altre sei ore; nel caso del pandolde genovese l’ultima lievitazione durerà quattro ore. Infine la cottura, che durerà circa un’ora. Ma la delicata operazione di cottura del panettone non di conclude quando viene tirato fori dal forno. Una volta cotto dovrà essere fatto raffreddare “ a testa in giù”. Un’operazione fondamentale per fare in modo che il burro e gli altri ingredienti più pesanti, come i canditi, non si vadano a depositare sul fondo quando il panettone è ancora caldo, ma che si distribuiscano in modo uniforme sulla “testa” la parte superiore.
La tradizione racconta che il panettone sia nato verso la fine del XV secolo nella Milano di Ludovico il Moro e che durante la vigilia di Natale il capocuoco di casa Sforza abbia bruciato il dolce preparato per il banchetto ducale. A rimediare ci pensò lo sguattero Toni, che decise di sacrificare il suo panetto di lievito madre lavorandolo a più riprese con farina, uova, zucchero, uvetta e canditi. Il risultato fu strepitoso, un impasto soffice e molto lievitato, al punto che Ludovico il Moro decise di intitolarlo «Pan de Toni», poi panettone in omaggio al suo creatore.

