
Le Frizze, una specialità della Valle Bormida
La Val Bormida, nel Savonese, è ampio un territorio dell’entroterra ligure che vanta un ricco patrimonio enogastronomico. Terra di confine tra Liguria e Piemonte si basa su una cucina che sente molto le influenze di quella piemontese, legata alla tradizione contadina, forse ingiustamente definita «povera» o di recupero ma ricca di gusto e aromi.
Un esempio sono le frizze o grive, piatto a base di frattaglie che arrivano dalla tradizione popolare. Nella tradizione locale contadina, la carne era un alimento poco frequente sulle tavole ma non poteva mancare in occasione di eventi o momenti particolarmente importanti per la comunità come i matrimonio o la nascita di figli, le feste di Natale, Pasqua o altre situazioni speciali che andavano celebrate. Un evento che raccoglieva tutta la comunità familiare, a volte anche i vicini e vissuto come festa, era l’uccisione del maiale. La necessità di consumare nel breve periodo le frattaglie, quelle più facilmente deperibili ha portato alla nascita delle frizze o grive . Si tratta di frattaglie speziate racchiuse nell’omento dove al pepe si sostituiscono le bacche di ginepro, sostituto nella cultura contadina di un prodotto all’epoca troppo caro.
La produzione di questa tipologia di frattaglie risale a quasi una quarantina di anni fa, è diffusa in quasi tutti i comuni della valle Bormida e si trova prevalentemente nei negozi locali del commercio al dettaglio tradizionale e i pochi locali tipici.
La ricetta delle frizze o grive.
Si tritano fegato di maiale, salsiccia e si aggiungono le bacche di ginepro. Si insacca il tutto nel velo del maiale e si amalgama a palline da 50 grammi ciascuna. Si possono cuocere a bagno maria, sulla piastra o fare fritte. Si conservano per 3 o 4 giorni.

